Articolo 99: la riforma abolisce finalmente il CNEL

7 years ago by in Riforma Costituzionale Tagged: , , , ,

Il disposto dell’articolo 99 della Costituzione, nella sistematica della Riforma, riveste un ruolo di primaria importanza. Questo, nella sua versione vigente, prevede un organo costituzionale e ne disciplina l’attività: il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, il CNEL.

Per i costituenti, l’idea sulla base della quale fu istituito il CNEL era chiara: far sì che potessero convergere in un unico organismo le istanze di diverse parti sociali, tra di loro tendenzialmente inconciliabili.

Precedentemente, nella versione originaria dell’articolo 99, al CNEL era riconosciuta l’iniziativa legislativa esclusivamente nelle materie concernenti, per l’appunto, l’economia ed il lavoro. Nell’ottica di ampliarne le competenze, e di renderne funzionale l’esistenza, nel 1993 venne varata una riforma costituzionale in virtù della quale fu attribuita al CNEL la potestà legislativa generale. Il CNEL ha anche una funzione di carattere consultivo, essendo legittimato, su esplicita richiesta del Governo, a rendere pareri non vincolanti.

La domanda che ci si deve porre è la seguente: quanto e come il CNEL ha adempiuto ai doveri attribuitegli dalla Costituzione? La risposta si trova nei numeri. Oltre al fatto che il CNEL, annualmente, pesi circa 20 milioni di euro, si deve ragionare sulla sua effettiva utilità. I mondi che avrebbero dovuto essere rappresentati all’interno del CNEL – ossia quelli dell’economia e del lavoro – hanno sempre prediletto, durante tutta la storia repubblicana, strumenti più diretti ed efficaci per realizzare i propri interessi. Insomma, non hanno mai avuto davvero bisogno del CNEL.

Questa conclusione si declina, dal punto di vista istituzionale, nel numero assolutamente esiguo di pareri resi durante tutta la storia di questo organo – appena 96 – e nel numero di disegni di legge proposte, che si attesta a 14 – in 70 anni! Non bisogna dimenticare, peraltro, che da quando si è paventata la possibilità di una sua soppressione, e conseguente liquidazione – ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 40 delle disposizioni transitorie e di attuazione – l’attività del CNEL è stata sì sensibilmente ridotta, ma sono rimasti invariati i cosiddetti “premi di produttività” riconosciuti ai dirigenti.

Nell’ottica dei costituenti un organo che consentisse un confronto istituzionalizzato tra istanze, come già detto, tendenzialmente inconciliabili, e che ne permettesse la conciliazione, era pienamente conforme all’ispirazione costituzionale e, soprattutto, appariva, nonché utile, necessario. Uno dei motivi che spinse l’Assemblea costituente ad istituire un organo di questo tipo stava nel fatto che si voleva dare ai sindacati un’istituzione in cui poter rappresentare legittimamente le proprie istanze, dopo gli anni del divieto di attività sindacale imposto dal fascismo.

Posto il fatto che i pareri resi dal CNEL sono decisamente in numero esiguo, che i disegni di legge proposti non ne giustificano l’esistenza e che, ad oggi, l’attività sindacale è pienamente libera, vengono meno i presupposti basilari della stessa esistenza del CNEL, ed è per questo che la riforma costituzionale si fa carico di realizzare una aspirazione percepita oramai da molti anni: eliminare il CNEL.

L’eliminazione del CNEL, oltre ad inserirsi nella voce del contenimento dei costi garantito dalla riforma costituzionale, ha anche un’altra motivazione: rendere le istituzioni più credibili, andando a colpire le sacche di spreco, a qualunque livello legislativo ed istituzionale.

Nulla è per sempre, ed il CNEL ha fatto il suo tempo, invero, da molto tempo.

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