Distibuire volantini non basta (e forse non serve)

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Riflessione sulla situazione  di Sinistra Casalese

- L’assenza dell’alternativa

L’esito della recente consultazione elettorale di carattere regionale ha dimostrato come nel Paese in generale ed in Piemonte in particolare il problema delle possibili alternative a Berlusconi e al “berlusconismo” siano tutte in capo al Centro-Destra e non, come sarebbe naturale, rintracciabili nel campo opposto. Il problema dell’alternativa è un fatto che deve interessare non solo la Sinistra alla ricerca di una propria ragion d’essere, ma l’intero campo del Centro-Sinistra. Occorre un’analisi e il ricorso ad un senso di responsabilità che porti ad una ridefinizione generale delle forze in campo che sia capace non solo di ridisegnare l’intero scenario, ma di portare a reali mutamenti, a partire dai principi valoriali e di riferimento, sino a scaturire in una nuova chiave di lettura sociale e soprattutto culturale capace di acquisire credibilità e concretezza.

Nonostante una perdita di consensi diffusa ed ingente, sia in termini percentuali che di valore assoluto, unitamente ad un astensionismo ormai dilagante all’orizzonte e nelle agende dei gruppi dirigenti del Centro-Sinistra non appare traccia di una messa in discussione necessariamente radicale degli scenari attuali. Si tratta di un fatto drammatico. Il rinunciare o il non creare le condizioni per l’alternanza non solo condanna il Centro-Sinistra ad una propria autoreferenzialità, ma mina le possibilità stesse di una democrazia basata sul principio dell’alternanza. In tale contesto la Sinistra, nel suo complesso di forze in continuo divenire sotto le continue scadenze elettorali, da un lato non raccoglie consensi e dall’altro sembra aver perso ogni ambizione se non come forza d’incisione, quanto meno di visione critica della realtà e della propria natura all’interno di questa.

Queste elezioni ci rimandano un quadro devastato e devastante di rapporti sociali, una consistente perdita di ogni credibilità di tutti i soggetti in campo, decretata da una parte così ampia di popolazione che, sommando astensionismo schede bianche e nulle, supera il 40% della popolazione maggiorenne. 

- Dall’intuizione allo stallo

Sinistra Casalese è stata una grande intuizione più di tre anni fa cogliendo anzitempo uno degli aspetti fondamentali e necessari al successo della Sinistra: quello dell’unità delle forze e, se possibile, della valorizzazione delle diversità delle forze interessate. Questa anticipazione e il ricorso all’unità attraverso una forma federativa, tuttavia non sono bastate a fare del laboratorio casalese né un modello per la Sinistra dal punto di vista organizzativo né lo sforzo si è tramutato in un punto di forza elettorale. Pur avendo attraversato stagioni nelle quali sembrava che modelli analoghi si sviluppassero nel resto del Paese, anche se quasi mai raccordati tra loro, oggi Sinistra Casalese appare sempre più come un’esperienza isolata, locale e volta conservare l’esiguo patrimonio elettorale acquisito, e non consolidato, alle amministrative dello scorso anno. Oggi questa Sinistra Casalese appare più come un simulacro dei vecchi Partiti con i propri organismi, costituiti dall’interezza dei propri iscritti, volti più a salvaguardare antiche liturgie che non ad indirizzare un’azione politica.

La nostra critica per essere efficace non può che essere impietosa e se necessario crudele. Occorre dirci e raccontarci la realtà per quello che è e non per come la immaginiamo o come auspichiamo che sia. I colori con i quali rappresentiamo il mondo sono spesso quelli di un daltonico, l’effetto potrà essere fantasiosa, ma la rappresentazione della realtà totalmente distorta. Continuando ad usare parole e sintassi sbagliate andremo sempre e soltanto fuori tema. In questi anni ci siamo definiti nuovi senza esserlo realmente: abbiamo confuso il “nuovismo”con il nuovo e sulla base di questo equivoco siamo stati percepiti.

Sinistra Casalese è rimata ferma alla sua intuizione originaria: mettere insieme ciò che restava della sinistra organizzata, retaggio dei partiti tradizionali, ed aprirsi, senza mai riuscirci con successo, a quella sinistra diffusa, che presumiamo esista nella società civile. Da questo passaggio iniziale molto è dipeso dall’evoluzione o dall’involuzione delle forze politiche, che si sono dedicate principalmente alle proprie progettualità, coltivando ciascuno la malcelata e peraltro legittima aspirazione a rendersi sufficientemente forti per un domani rivendicare la propria autonomia, come se l’esperienza di Sinistra Casalese fosse un passaggio dal quale prima o poi emanciparsi. La preoccupazione principale delle forze politiche è stata quella del proprio futuro senza mai realmente credere che Sinistra Casalese, o un a sua evoluzione, potesse essere un’esperienza duratura ed esportabile, un cantiere politico degno di reale investimento.

- La mancanza di una comunità

Una parola importante è la parola “legami”, qualsiasi tessuto, quello di società, funziona solo se si stringono legami, dalle famiglie alle tribù alle società tutte.

In questo periodo non abbiamo allacciato “legami” duraturi e stretti, scontiamo l’assenza reale e tangibile di una comunità, sentimento necessario in termini culturali e solidali per creare un qualsiasi percorso politico. Nemmeno l’esperienza con tratti così tradizionali come l’organizzazione della Festa ha prodotto esiti convincenti in tale senso. Peraltro l’anno successivo la non organizzazione della stessa è stata vissuta se non come una liberazione certamente non come un dramma e nemmeno come la perdita di un’esperienza di possibile fonte di autofinanziamento.

Volendo esprimere i fatti nel modo più chiaro possibile sarebbe opportuno ammettere che Sinistra Casalese non è né un luogo di costruzione politica collettiva né un laboratorio originale per la Sinistra. Più volte si è lamentato il fatto di una scarsa presenza mediatica, ma mai si è ricercato e perseguito di invertire tale tendenza. I tentativi di chi come me, con ruolo istituzionale, di mettersi a disposizione ricercando collaborazione, apertura e confronto si sono risolti con vani e stanchi risultati di delega e in nessun caso ripresi con le più svariate e possibili forme di sostegno o comunicazione. Nemmeno gli strumenti informatici a disposizione come un sito internet moderno ed aperto piuttosto che una newsletter diffusa ad un ampio e capillare indirizzario sono stati appieno valorizzati ed utilizzati. Questo dimostra come pur in una realtà ed in un tempo in cui l’accessibilità agli strumenti non è mai stata così alla portata noi ci troviamo improvvisamente afoni, con l’incapacità o il desiderio di dire. Viviamo il paradosso di avere a disposizione qualsiasi mezzo di comunicazione e dare l’impressione di non avere nulla da comunicare.

- I “progetti” nazionali di Sinistra

Lo scenario della Sinistra a Casale non è differente da quello presente in altre realtà. Esistono almeno due progetti nazionali che, al di là delle nostre valutazioni o auspici, viaggiano su binari paralleli e per il momento non coincidenti. L’uno di matrice identitaria che nell’affermazione della propria natura “comunista” risulta escludente a chi come me non si sente interprete nel nostro tempo di quella cultura. L’altro progetto forse più informe e meno definito si pone un riferimento che sta più nel campo della socialdemocrazia e della cultura di governo nel quale sento di apporta il mio personale contributo organizzativo. Le cose stanno così e non c’è ragionamento che non possa d’ora in poi prescindere dalla natura stessa e dall’oggettiva di queste considerazioni.

Sinistra Casalese, per queste ragioni, deve da una lato riconsiderare la propria ragione d’essere e dall’altro decidere come e se mutare per il futuro. Personalmente, dirò che non sono d’ora in poi interessato ad impegni in un para-partito che esiste solo a livello locale . Non possiamo correre il rischio del ridicolo come fanno quelle comunità che hanno la presunzione di dichiararsi autonome e dal giorno dopo stampare propria cartamoneta.

Sarà doloroso, forse, ma è necessario che noi tutti oltre ad assumerci le nostre responsabilità, prendiamo atto che che nonostante quanto possiamo baloccarci, i nostri partiti d’origine, fosse anche il P.C.I. non possono tornare per come li abbiamo conosciuti. Perpetuare in sedicesimo riti, liturgie e tradizioni appartiene più alla sfera religiosa che alla politica e, in ogni caso, dal momento che tutto ciò è inefficace nel generare passione ed appartenenza non può invece che risultare negativo.

Sinistra Casalese, e ancor più le forze che la compongono, non sono grandi partiti di massa. Sembrerà rindondante, ma è opportuno ricordarselo. Non essendo grandi partiti di massa forse varrebbe la pena non sforzarsi ad apparire tali, l’effetto non solo apparirebbe grottesco, ma gli effetti stessi potrebbero essere devastanti per gli aspetti economici, d’impatto e d’immagine, senza considerare la totale mancanza di ergonomia nella gestione delle energie, specie quelle intellettuali ed umane.

- Guerra o guerriglia?

Così come nell’arte della guerra si studia una tattica partendo dalla considerazione oggettiva delle forze in campo allo stesso modo noi dovremmo decidere se e in che modo stare in campo. Le grandi potenze capaci di destinare grande risorse, masse di uomini hanno quasi sempre teso a schierarsi in campo aperto in forma tradizionale con eserciti regolari dietro vessilli riconoscibili. Noi non ci troviamo in questa situazione, ma in quella opposta. Noi dovremmo riconoscerci nella guerriglia, nelle incursioni, negli eserciti volontari senza o con plurime divise. Dovremmo collocarci in una visione dello scontro in cui conta più l’estro, l’improvvisazione e il valore che non l’organizzazione o la gerarchia. Si tratta di una visione dello scontro che appare più disperato, ma che forse può risultare eroico.

Il mio, al di là della metafora, non è e non sarà mai un invito alla lotta armata, verrei meno, se lo facessi, a molti dei miei principi e dei miei convincimenti. Quello che cerco di dire e di spiegare, in primo luogo a me stesso, è che abbiamo un disperato bisogno di ripulire i nostri gesti e le nostre azioni dal passato. Questo non vuole dire cancellare il nostro passato, la nostra memoria o i nostri valori, ma sapere che questi sono strumenti e non solo fini da perseguire attraverso la conservazione. O cambiamo o risulteremo i custodi di un tempo passato, per quanto glorioso, e come tali identificati ovvero come chi, partito progressista, finisce inesorabilmente conservatore e pertanto non interessante. La cosa interessante, infatti, non è restare sempre uguali a se stessi che risulterebbe noioso, ma individuare strade e forme nuove ed avanzate.

Dobbiamo trovare tutta la ribellione di chi si rende conto che le cose non vanno come dovrebbero. Trasformarci in modo da comunicare alternativa e individuare modalità per poter per poter cambiare una situazione che rischia di precipitare.

Se in noi abbiamo la consapevolezza di questo e avvertiamo tutta la stanchezza e la fatica che ci porta, sappiamo anche che non è la politica o il senso della politica che ci difetta quanto la capacità che abbiamo nell’esprimerci e spesso nel farci capire. Occorre ripensare la nostra azione nello spazio pubblico, che è nuovo ed è mutato.

- Distribuire volantini non basta (e forse non serve)

E’ fondamentale iniziare a considerare la Rete come il nuovo spazio pubblico, dove intervenire per tempo, per preservare il bene comune, fondato cioè sulla redistribuzione delle risorse informative, non solo ricchezza materiale ma opportunità e conoscenza. In poche parole “futuro”. Dobbiamo impegnarci a rompere una logica, anzi una non-logica dello stallo. Noi siamo prigionieri di uno stallo, di un sistema bloccato. Il problema di una democrazia malata, il cui problema numero uno è la sovraesposizione televisiva. La democrazia è malata perché la coscienza diffusa di massa si è indebolita. La partecipazione può essere una risposta a questo problema, a questa crisi a questo deficit. Ma non basta la partecipazione.

La partecipazione ha bisogno di forme. L’uso dei nuovi media, può diventare interazione sociale. Questa cosa non è scontata, sta a noi alla nostra intelligenza, farla diventare possibile. L’intelligenza in questo caso non è quella verticale, ma l’intelligenza sociale delle persone che si scambiano informazioni. In molti ambiti come quello della politica, l’idea di collaborazione e di intelligenza collettiva viene accolta con paura e disprezzo. Internet, la rete è un’opportunità straordinaria che non si compie da sola. Possiamo interpretarla declinarla, possiamo tradurla in nuova forma di creatività sociale.

C’è una nuova generazione che sta crescendo in questo mondo, che è un mondo sballato. Dobbiamo occuparci di questa nuova generazione che sta crescendo da sola, in modo da agire le reti e non di subirle. Le culture giovanili si muovono rapidamente, sono piccole e organizzate in sistemi informali. L’avvento dell’età dell’informazione ha portato con sé culture, comunità istantanee e fugaci . Tutto ciò porta in noi confusione, che dovrebbe essere invece letto come opportunità. E’ sconfortante assistere ancora all’autoreferenzialità di chi s’arrocca su ciò che già sa, senza proiettarsi in avanti, nell’evoluzione dei linguaggi e dei comportamenti in cui è inscritta la nostra vita. Le idee non sono più imprigionate da vincoli spazio-temporali, ecco che più facilmente un pensiero può diffondersi e diventare coscienza.

Se teniamo a mente questo ecco che potremo utilizzare, immaginare strade nuove anche nello spazio pubblico reale. Inventare azioni di gruppi che si mobilitano apparentemente in modo istantaneo, con le reti di comunicazione digitale, per fare qualcosa di insolito in pubblico prima di disperdersi altrettanto rapidamente. Azioni virali, impreviste tali da catalizzare attenzione e far parlare di sé.

Dismettiamo gli abiti logori, per indossarne altri corsari, pirateschi per le nostre incursioni. Concentriamoci maggiormente su dove siamo più che da dove proveniamo. Occorre ispirare le persone, i cittadini con nuove idee, incoraggiare una collaborazione visibile.

Distribuire volantini non basta (e forse non serve).

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Alexander Brandolini
21 aprile 2010 Rispondi

CaroFabio,
ti ringrazio per queste tue considerazioni e mi
scuso per non essere stato presente alla riunione ed averti risposto solo ora
ma sono stato impegnato al congresso nazionale della Fiom fino a ieri sera.
Parto da un presupposto. Quando, dopo la somparsa dei DS e la nascita del PD,
noi tutti abbiamo compiuto una scelta altra rispetto a quella allora
maggioritaria eravamo del tutto consapevoli che una grande esperienza
culturale, politica e sociale, che più di ogni altra aveva saputo incidere
sulle dinamiche dell’intero paese negli ultimi 60 anni di storia era al suo
tramonto.
Furono quelli momenti assai confusi in cui mai seppi travare la spinta e le
motivazioni di un rinnovato impegno proprio perchè non riuscivo a percepire il
desiderio di uscire da quella storia con la voglia di continuare ad essere una
forza, un’insieme di persone ed idee, che avessero la velleità di incidere
ancora nell’intera società nazionale. Ho sempre considerato l’esperienza di
Sinistra Casalese come quella di una “lista civica” che non poteva avere altro
orizzonte se non quello di radunare noi stessi in vista delle amministartive e
della nascita di una vera alternativa nazionale di sinistra non comunista per
guidare il paese.
Ora quindi, mi trovo perfettamete daccordo con te quando dici che è necessario
superare questa esperienza e decidere di darsi un respiro diverso,più ampio. Le
possibilità ci sono.
Se parto dall’analisi delle ultime elezioni regionali, come hai fatto tu, non
posso non notare che gli unici ad avere vinto realmente sono coloro i quali
hanno saputo riempire spazi lasciati vuoti dagli altri. In particolare
considero la vittoria in Puglia di Vendola come un positivo segnale che ci
indica la via del coraggio di fare una politica che parli anche al cuore delle
persone, che sappia appunto colmare quel devastante vuoto culturale che oggi
c’è in Italia.
Io, personalmente, vedo quel movimento come l’unica, realistica e possibile
strada da percorrere per tornare ad essere un grande partito. Un grande partito
nazionale che sappia disegnare il modello di sviluppo futuro tenedo insieme
nord e sud, lavoro ed impresa, sicurezza sociale ed integrazione.
Tutto questo ovviamente con la “nostra” sensibilità.
Sul come poi procedere all’azione politica e di comunicazione rimando a
successive discussioni che dovranno vederci impegnati.

Alex

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