Sentenza Eternit: punto fermo di una battaglia divenuta coscienza civile

12 years ago by in Ambiente, Amianto, Articoli, Città di Casale Monferrato, Comunicati Stampa, SEL Coordinamento Regionale Tagged: , , , ,

La sentenza del Processo Eternit pronunciata oggi dal tribunale di Torino ha qualcosa di storico e decisivo, non solo perché si è trattato del più grande processo penale in Italia e nel mondo per le morti d’amianto, ma perché è finalmente un punto fermo di una battaglia che, iniziata sindacalmente, è divenuta coscienza civile.

Una battaglia trentennale iniziata a Casale Monferrato e che da ora deve diventare fondamentale nelle scelte dei modelli di sviluppo produttivi che devono tenere conto della salute non solo dei lavoratori e dei loro famigliari, ma dell’intera comunità e dell’ambiente in cui questa è inserita o a cui si rivolge. La tragica esperienza delle migliaia di vittime dell’amianto, che fossero lavoratori o meno, il dolore dei famigliari lancia un messaggio chiaro sulle scelte che responsabilmente occorrerà adottare quando vogliamo immaginare e programmare il futuro.

Il risultato di oggi non deve far dimenticare che, nonostante una legge che vieti uso e produzione di amianto, nel nostro Paese se ne stimino più di trenta milioni di tonnellate da bonificare e la sua messa al bando in tutto il mondo non é ancora un obiettivo raggiunto.

Nichi Vendola Coordinatore nazionale Sel

Monica Cerutti Consigliera regionale Sel

Fabio Lavagno Coordinatore regionale Sel Piemonte

0 Responses to “Sentenza Eternit: punto fermo di una battaglia divenuta coscienza civile”


GIANNI TURINO
16 febbraio 2012 Rispondi

Eternit = Casale. Ma L’amianto cemento ha impestato il mondo. Ricordiamo che in Italia l’amianto cemento lo producevano anche aziende importanti come la Sacelit (Italcementi) a Genova e Messina, la Fibronit (Milanese & Azzi) a Broni e Bari; e che la stessa Eternit ha lordato, oltre all’Emilia e Napoli (Bagnoli)- chissà perché prescritti quando il delitto si perpetua per almeno quarant’anni!- anche Siracusa, con uno stabilimento all’ingresso della città in un riomne che si chiama Targia
L’amianto cemento è stato per quasi un secolo il materiale più usato nell’edilizia e nelle grandi opere (fogne, acquedotti); tutti abbiamo respirato, oltre a quelle generosamente volatilizzate dai ventilatori Govoni che la spargevano all’esterno degli stabilimenti ad uso e consumo della popolazione, le fibre sparse nell’aree dai “ferodi”, cioè dai freni delle automobili: Si pensi alle code estenuanti delle autostrade o delle strade delle grandi città: un colpo all’acceleratore, due al freno a volte per ore ed ore che ci garantivano ampie ossigenazioni di anidride carbonica e di amianto. Ci sarebbe da portare sul banco degli imputati anche i costruttori di automobili perché come lo sapevo io (almeno dal 1964) la sapevano lunga anche loro su quel killer che è l’amianto.
Poi ci sarebbero i produttori dei giubbotti e dei copricapo ignifughi, sempre a base di amianto; e via discorrendo.
Qualcuno dice: oltre ai capintesta, cioè i proprietari, sarebbero da perseguire i dirigenti locali; ma questi, come giustamente presuppone Guariniello, contavano nella determinazione delle startegie aziendali, come il due d apicche quando a briscola comanda fiori, o cuori, o quadri: cioè nulla: Erano al massimo dei capifabbrica che realizzavano la produzione guidati dal motto: credere, obbedire, combattere.
Si pensi solo che l’Eternit pescava nei propri stabilimenti nostrani persone tecnicamente insignificanti e li mandava a dirigere (formalmente ) stabilimenti in estremo oriente, come ad esempio Singapore. In quei posti il tizio si godeva solo la vita perché non fungeva nemmeno da capofabbrica, ma solo da scarica barile nel caso di guai giudiziari.
Il rpimo caso diagnosticato e certificato con il termine mesotelioma è, a Casale, quello di un noto industriale dei trasporti; risale al 1965 e nei suoi riguardi fu tentata (invano) da uno staff diretto da un medico inglese, una terapia che sembrava d’avanguardia che prevedeva iniezioni di oro (oro, il metallo). Attutiva il dolore ma non guariva la malattia.
Nei contratti di lavoro, il rischio amianto veniva monetizzato: ( “la monetizzazione del rischio”); in realtà si monetizzava il becchino.
Qualcuno ha osservato : “Perché, se c’era la consapevolezza del rischio, la gente continuava a sognare l’Eternit come posto di lavoro?
C’è da ricordare che nel Casalese si moriva anche nelle cave dove la gente andava a lavorare anche se era consapevole che ci poteva morire; ma l’uomo, quando è oppresso dal bisogno, non è libero: Questo lo diceva Rosevelt, ma lo diceva anche mio nonno che aveva fatto seconda elementare andando a scuola quando pioveva; ed aggiungeva : “Quando non hai una lira in tasca, devi avere il miele in bocca…”.
La latenza venticinquennale della fibra di amianto di cui parlava negli anni sessanta l’insigne professor Moncalvo, è ora, a quanto dicono i medici, quarantennale.
Il dramma amianto coinvolgerà ancora diverse generazioni.

Non ci può essere prescrizione. Non è una revolverata per cui causa ed effetto sono facilmente ed immediatamente individuate; qui causa ed effetto possono essere lontanissime: Quindi, non ci può essere prescrizione.

GIANNI TURINO

cosimo buonaiuto
13 febbraio 2012 Rispondi

è giusto che paghino.anche se ho i miei dubbi..!!!!

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