La sfida di Nichi

12 years ago by in Qua e là - consigli di lettura, SEL: c'è un'Italia migliore Tagged: , ,

di Ettore Grassano

Il salone della Camera del Lavoro ieri sera era stracolmo, e la sinistra alessandrina ha riservato a Nichi Vendola (nella foto) un’accoglienza calorosa. Ma questo ve lo raccontano bene le cronache dei giornali.

Qui proviamo a scambiarci un po’ di sensazioni. La prima è che faceva un caldo bestiale, da svenimento: sarà perchè tutti quanti, con questo clima da inverno d’aprile, eravamo attrezzati con giacconi e maglioni, incerti fino all’ultimo sulla sede dell’incontro. Ma davvero arrivare alla fine dell’intervento di Vendola senza cedimenti non è stata una passeggiata: del resto anche i corridoi erano affollati, c’era gente ovunque, una serata riuscita.

Nichi Vendola, ormai lo sapete, rimane per me l’unico leader del panorama politico italiano che vale la pena ascoltare senza in mano pomodori da lancio, o strumenti usi alla pernacchia. E’ uno che ha una visione altra, e alta, della società con al centro l’uomo, e non il business, e questo basta a renderlo se non altro più stimolante dei vecchi burocrati del Pd (pure quelli giovani anagraficamente), per non dire del commissario della Bce che attualmente ci amministra (governa è una parola eccessiva per uno come Monti), e della sua corte dei miracoli.

Detto questo, Vendola è partito proprio dai “suoi” avvisi di garanzia di questi giorni, chiarendo che trattasi di polpette avvelenate. Certo, lo dicono tutti quelli che vengono accusati, per cui, come lo stesso leader di Sel ha dichiarato, pieno rispetto per chi deve condurre le indagini, e stabilire come sono andate le cose.

Ma, sul piano politico, mi rimane il sospetto che l’operazione in corso sia quella di far fare al governatore della Puglia la fine che toccò a Cofferati, ricordate? Affogato nella culla come possibile leader del centro sinistra, e prepensionato prima a Bologna e poi in Europa, per lasciare campo libero alla trimurti romana: D’Alema, Veltroni e Rutelli. Tutta gente che c’è da toccarsi i maroni solo a pronunciarne il nome, ma che di fallimento in fallimento sempre a galla sta. Il vero miracolo italiano. Insomma, la curiosità forte, al di là delle amministrative, rimane capire se Vendola intende (e può permettersi di..) proporsi con forza come leader di una sinistra vera e seria, oppure se, per ragioni tutte da esplorare, se ne starà defilato, appunto modello Cofferati.

Se così succedesse, rimarrebbe comunque vacante uno spazio politico, che qualcuno, non so oggi capire chi, cercherebbe naturalmente di colmare. Forse Grillo? Ecco, una banalità che ieri sera Vendola si è fatto scappare (ma è in campagna elettorale) è quella sull’anti politica che rischia di emergere dalla crisi della Lega e dai tentennamenti del centro sinistra. Eh no, attenzione: che la moltiplicazione di liste civiche, movimenti territoriali e quant’altro porti alla frammentazione e dispersione di risorse, e talora anche a soluzioni di chiusura culturale localistica, è verissimo. Ma si tratta comunque di un grido d’allarme e di una ricerca “dal basso” che va rispettata. E’ il bisogno di altra politica, non di anti politica. Altra rispetto alla politica degli inciuci e delle ruberie che tutti conosciamo. In settimana ho ascoltato Rosi Bindi (una che ho sempre creduto meno peggio di altri: se non altro perché non tiene figli da sistemare) difendere a spada tratta, su La7, i rimborsi elettorali ai partiti, nel principio e nella quantità. Sosteneva che sono una garanzia di democrazia. Una figura penosa, miserabile. Ecco, se si moltiplicano le liste civiche è perché la politica ufficiale, persino nei suoi volti meno sputtanati, è quella roba lì, oramai.

Ieri sera prima di Vendola, ho ascoltato l’intervento di Rita Rossa. Oratrice consumata ed efficace, e capace di modulare i toni e i temi a seconda dell’uditorio: alla Camera del Lavoro era la candidata di lotta, “cari compagni e compagne”, e va detto che è partita dal tema dell’ndrangheta in Comune, rispetto al quale qualcuno in questi giorni qui sul blog aveva ventilato reticenze.

A me, non solo su Rita Rossa ma su tutti i 16 candidati, rimane il serio dubbio che abbiano mai però finora, seriamente, preso in mano i conti e le risorse del Comune, e la sua montagna di debiti, per stabilire cosa si tiene, cosa si taglia, quanto costa ogni servizio ecc..
La politica italiana è questa roba qui del resto, forse perché noi non ne vogliamo un’altra: in campagna elettorale promesse a mazzi, poi si fa quel che concretamente si può. Finora in qualche modo ha funzionato, ma ho l’impressione che da questo giro vigerà il principio che ognuno fa i conti con quello che ha davvero in cassa. E poiché le tasche a cui attingere saranno le nostre, sarebbe stato bello sapere prima (da Rossa, da Fabbio, da tutti gli altri) cosa ci aspetta.
Incrociamo le dita? E’ un po’ poco, ma che altro possiamo fare?

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