Tutelare il settore del riso nel sistema agroalimentare italiano di qualità

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La mia dichiarazione di voto alla mozione concernente iniziative, anche in sede europea, per la tutela del settore risicolo italiano, con particolare riferimento all’importazione del riso dalla Cambogia.

Grazie Presidente. Parlare di riso in Italia significa non solo parlare di un prodotto o delle sue qualità e specificità, ma significa parlare di un intero settore economico rilevante in una filiera moderna avanzata che copre tutto il territorio nazionale, non certo una sola parte del Paese. Infatti, trattare questo tema non può avvenire in un modo sporadico, improvvisato e frammentario. Il riso e la risicoltura sono una parte importante e fondamentale dell’intero comparto agricolo.

Il settore agricolo, stando agli indicatori economici, fa registrare il più elevato incremento del PIL con un aumento del 6 per cento solo nello scorso anno, spinto dalle esportazioni agroalimentari e dalla ripresa dei consumi alimentari delle famiglie.  Per la prima volta, dopo 7 anni, i consumi quest’anno sono cresciuti dell’1,4 per cento.

Il nostro Paese è il primo produttore di riso a livello europeo. Sono infatti più di 4 mila le aziende nelle quali viene coltivato il riso su una superficie complessiva di 235 mila ettari e con una superficie che è tornata a crescere nello scorso anno.

L’area piemontese, associata a quella lombarda della Lomellina, rappresenta da sola l’80 per cento dell’area risicola italiana. Ma non bisogna dimenticare  le zone e le aree del veronese, del ferrarese, del mantovano, o i 3 mila ettari della zona di Oristano e le piccole isole di grande pregio, come quella di Sibari in Calabria.

Si tratta di un contributo importante alla ricchezza produttiva italiana. Stiamo parlando di un milione e 600 mila tonnellate di risone, per un valore non inferiore ai 500 milioni di euro. Gli stabilimenti industriali che procedono alla trasformazione, sono cerca un centinaio. Si tratta di aziende e di filiere produttive molto legate al territorio e che da esso traggono un legame fondamentale.

Il riso è importante anche per quanto riguarda il settore delle esportazioni. Infatti assistiamo a una crescita del 9 per cento su base annua a livello globale, anche se dobbiamo riscontrare una flessione ben più contenuto per quanto riguarda le esportazioni in ambito europeo. La risicoltura è un settore produttivo consolidato da secoli, molto legato al territorio e alle sue dinamiche. Infatti coniuga coltivazione, ambiente e trasformazione, garantendo al consumatore un prodotto di elevatissima qualità. Ecco perché dobbiamo adoperarci e fare ogni sforzo affinché il settore non risenta in modo negativo a situazioni contingenti che, di volta in volta, si possono presentare.

Il comparto risicolo può subire alcune vulnerabilità, a causa di un paventato, oggettivo e progressivo venir meno della protezione offerta dalle politiche integrative della politica agricola comune per l’aumento progressivo delle importazioni a dazio zero. Ne abbiamo discusso e credo che sulle cause siamo più che concordi. Io non posso che apprezzare l’unanimità, espressa sia in fase di discussione sulle linee generali, sia nella presentazione delle mozioni  e nella fase di dichiarazioni di voto su questo tema.

La domanda è come e con quale strategia porre la battaglia del riso. Il livellamento del mercato e dei fenomeni di globalizzazione ovviamente portano con sé rischi e difficoltà ma, allo stesso tempo, offrono il consolidamento di un’area ampia, che richiede un prodotto di alta qualità. Ecco perché dobbiamo trarre questo come elemento valutativo fondamentale. La risposta alle vulnerabilità non può e non deve risiedere che in elementi positivi e avanzati.

E’ innegabile che con l’introduzione del riso a dazio zero, proveniente da Paesi del sud-est asiatico, viene intaccato questo primato italiano, simbolo della qualità agroalimentare per tipicità e sostenibilità. Sono questi due elementi dei quali dobbiamo tenere conto nella nostra discussione e nella nostra azione e siamo sicuri di trovare l’attenzione da parte del Governo non solo in sede nazionale, ma anche in sede comunitaria, ovvero dove si discutono e si trattano questi temi.

 Non si tratta pertanto di invocare un generico e poco lungimirante protezionismo, che sarebbe anacronistico e fallace su prospettive di medio e lungo periodo, quanto, di difendere e di valorizzare il vero made in Italy, contrastando le importazioni di prodotto spacciato come nazionale, in quanto è un’attività di contraffazione resa possibile dalla mancanza di un sistema di etichettatura che obblighi ad indicare la provenienza del prodotto.

Occorre porre mano a un regolamento comunitario che se, da un lato, rappresenta un passo in avanti nella tutela dei consumatori, soprattutto nell’ambito nutrizionale e per la presenza di allergeni, non prevede l’obbligatorietà di menzionare in etichetta il luogo di fabbricazione e di confezionamento del prodotto, introducendo il principio che ad essere indicato in etichetta deve essere il nominativo dell’operatore responsabile, quindi dell’azienda distributrice o fornitrice del prodotto e non quello dell’azienda produttrice. Il risultato è evidente a tutti: con le nuove norme comunitarie rischiamo di danneggiare le piccole e medie aziende italiane, cosa che con questa mozione noi vogliamo assolutamente contrastare.

Bisogna risolvere la questione, tra origine e provenienza, in maniera determinata. È questo un impegno che sappiamo che il Governo saprà cogliere in sede comunitaria e che porterà avanti come hanno fatto altri Paesi europei, a partire già dal 2014, per quanto riguarda l’attivazione della clausola di salvaguardia nei confronti dell’importazione di riso greggio cambogiano, inviando un documento tecnico sull’impatto dell’importazione a dazio zero alla Commissione europea.

Il sistema di preferenza generalizzato, è uno strumento fondamentale che da più di quarant’anni l’Unione europea prevede per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Ma questo non può entrare in contraddizione con le capacità produttive di un settore importante come quello risicolo. Bisogna rivedere la normativa dell’importazione a dazio zero. Cambiarla, in questo momento, diventa urgentemente necessario.

Il futuro dell’agroalimentare italiano e del riso non può sottrarsi dal fare i conti con un’interdipendenza generalizzata, che va affrontata con maturità e competenza. Ecco perché il sostegno del riso italiano non può essere ridotto a mere misure protezionistiche, ma va accompagnato anche dalla promozione di una diffusa consapevolezza relativa alla sostenibilità ambientale, alla qualità e all’origine del prodotto. Già in altre occasioni abbiamo parlato del riso in quest’Aula, delegando nel collegato agricolo, con una delega per il sostegno di questo settore.

I dati ci dicono che la superficie coltivata a riso si sta invertendo, ma dobbiamo evitare il rischio che le superfici vengano meno, perché il rischio di minor cura del territorio è evidente a tutti, con rischi abbastanza drammatici.

 L’etichettatura è uno strumento di garanzia in primis per i consumatori e, quindi, di garanzia anche nei confronti dei produttori. Non è possibile, come in questo caso, che ci sia una divaricazione forte e netta tra la risaia e la risiera e, conseguentemente, tra i consumatori.

La tutela del consumatore deve essere considerata un punto cardine. Noi dobbiamo avere un maggior rispetto per quanto riguarda la tutela e la salvaguardia ambientale, i diritti sociali e di sicurezza. Bisogna porre una protezione perché la concorrenza leale, in cui i prodotti italiani possano effettivamente svolgere il loro ruolo e farsi apprezzare sui mercati.

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