Bisogna avere il coraggio di una riforma fiscale che ridistribuisca la ricchezza

10 years ago by in Senza categoria Tagged: , , ,

Si poteva ambire molto più in alto con questo provvedimento sul sistema fiscale. La dichiarazione del Presidente del Consiglio in cui vanta gli effetti positivi di tagliare 10 miliardi rispetto all’IRAP piuttosto che rivedere la fiscalità sull’IRPEF conferma le nostre perplessità su questa richiesta di delega “in bianco”.
Ambivamo di più, a una vera riforma del sistema fiscale, a una procedura di ridisegno complessivo di come avviene la tassazione in Italia. Invece, ci troviamo di fronte a un provvedimento privo della volontà di una riforma strutturale, che abbia l’intento di ridistribuire la ricchezza, come strumento di una necessaria salvaguardia del potere d’acquisto, della capacità del consumo e della ripresa economica. Escono almeno dall’indeterminatezza e dalla neutralità gli articoli che fanno riferimento alla revisione del catasto e quelli sul gioco d’azzardo. Positiva l’introduzione della fiscalità ambientale di cui rileviamo il carattere innovativo.
Non sono stati centrati tre obiettivi fondamentali: l’equità, la diminuzione del carico fiscale sul lavoro, sulle famiglie e sulle piccole e medie imprese in maniera chiara e, in generale, una diminuzione della pressione fiscale che sappiamo essere tra le più alte in Europa e che in questo momento supera il 44 per cento.

Signor Presidente, terzo tentativo di delega fiscale, terza lettura di questo che non è un decreto, ma un disegno di legge parlamentare. Il primo, che vede la luce da questa legislatura. Nella prima lettura avevamo ravvisato l’importanza di questo provvedimento, sostenendo, alcune perplessità rispetto al fatto che il provvedimento, data la sua importanza e data la laboriosità per arrivare all’esito finale, molto probabilmente sarebbe sopravvissuto al Governo.

Avevamo ragione, perché il Governo non solo è mutato, ma, all’interno del precedente Governo, pure le maggioranze sono cambiate. Qui sta tutta la perplessità rispetto a una materia così importante, di dare deleghe in bianco e su questioni importanti: per delegare qualcuno a fare qualcosa è necessario fidarsi, condividerne obiettivi, orizzonti, l’impostazione programmatica. Purtroppo,  dobbiamo rimarcare, ancora una volta, per come ci siamo comportati nella fiducia di due giorni fa al nuovo Esecutivo, che di questo Governo non ci possiamo fidare.

Non ci possiamo fidare del Governo e delle sue dichiarazioni, e della maggioranza che lo sostiene, uguale identica a quella immediatamente precedente e che oggi non viene più definita  come una maggioranza di necessità, ma come una maggioranza politica. Quindi  una chiara scelta di natura strutturale e politica. Dovremmo fidarci di un Presidente del Consiglio che fa una dichiarazione tanto vaga quanto inquietante: la delega fiscale deve diventare uno strumento per abbassare le tasse.

Risposta esatta, dichiarazione corretta, ma abbassarle a chi ? Con quale impostazione ? Con quale metodo ? E ieri chiarisce: ulteriore dichiarazione del Presidente del Consiglio, dove vanta gli effetti positivi di tagliare 10 miliardi rispetto all’IRAP piuttosto che rivedere la fiscalità sull’IRPEF. Fa il paio anche con chi il Presidente del Consiglio ha deciso di incontrare ieri, nella prima uscita pubblica: incontra gli imprenditori e incontra gli operai di un’azienda in crisi. È una chiara scelta di come si va a dichiarare e come si va a fare quella riduzione della pressione fiscale.

Detta così, la riduzione della pressione fiscale è un bene, è un merito, però è anche bene dire che questo è uno strumento assolutamente neutro, come veniva ricordato precedentemente. E a far raddrizzare i capelli, a far aumentare la tensione, vi è il parallelo immediato che le dichiarazioni del Presidente del Consiglio rese ieri sono speculari e identiche a quelle del presidente di Confindustria.

Se tanto ci dà tanto, vi è più di un rammarico rispetto al dare una delega in bianco rispetto a una tale vacuità generale, ma con una precisione chirurgica rispetto agli interessi che vanno a essere difesi. Ci spiace perché avremmo preferito, a nostro avviso, ambire di più, ambire a una vera riforma del sistema fiscale, a una procedura di ridisegno complessivo di come avviene la tassazione in Italia. Invece, ci troviamo di fronte a un provvedimento che ha un titolo altisonante: «Disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita». Eppure, di fronte a questo titolo, rimaniamo perplessi e dubbiosi sul fatto che i risultati saranno al di sotto delle aspettative, per come noi li interpretiamo.

In nessun punto del provvedimento si può scorgere, la volontà di una riforma strutturale, che abbia l’intento di ridistribuire la ricchezza, come strumento di una necessaria salvaguardia del potere d’acquisto, della capacità del consumo e, quindi, anche della ripresa economica.
Da alcuni aspetti troviamo alcune parti positive, ovviamente. Troviamo aspetti positivi in più parti dell’articolato del provvedimento. Escono dall’indeterminatezza e dalla neutralità, quanto meno, gli articoli che fanno riferimento alla revisione del catasto e quelli sul gioco d’azzardo.

Sul catasto, dovremmo finalmente dare avvio a una riforma tanto attesa quanto resa urgente dalle sperequazioni, dalle ingiustizie diffuse sulla tassazione immobiliare. Però l’impatto del processo di revisione, perché abbia effettivamente un’efficacia, sappiamo benissimo che dovrà avere tempi d’attesa piuttosto lunghi.  Così come, rispetto alla questione del gioco d’azzardo, della ludopatia, siamo di fronte a un primo provvedimento che ha carattere restrittivo su queste tematiche, per quanto parta da una questione di natura fiscale. Ma rispetto a un liberismo imperante sulla materia, cui abbiamo assistito negli anni precedenti, troviamo finalmente dei paletti fermi.

Qualche rammarico ovviamente c’è, perché se il testo  non è stato toccato dal Senato per come è uscito dalla prima lettura alla Camera, qualche elemento peggiorativo, soprattutto in riferimento alla pubblicità del gioco d’azzardo  lo ritroviamo, ed è elemento di rammarico.

Positiva ovviamente è l’introduzione anche della fiscalità ambientale di cui rileviamo assolutamente il carattere innovativo. E soprattutto richiamiamo il Governo nel proseguo dei lavori, quindi nell’attuazione della delega fiscale, a fare quello che inevitabilmente deve fare ed è costretto a fare: a dare attuazione a questo principio, ai principi innovativi, ovviamente coordinandoli con le direttive comunitarie.

Non lo abbiamo trovato improvvido, lo abbiamo trovato un buon punto di introduzione di un carattere innovativo, rispetto a una normativa, che invece recepisce sempre in ritardo le novità. Oltre a questi aspetti, però, ci sono i grandi nodi, con riferimento ai quali si dà totalmente carta bianca al Governo. E pensiamo che i richiami alla Costituzione, peraltro da noi richiesti e inseriti nel testo, siano insufficienti come garanzia rispetto alle tematiche a cui noi teniamo.

Ci chiediamo quando porterà di volta in volta i provvedimenti all’approvazione, cosa ci dirà il Governo sulla rendita da patrimonio, sulle rendite finanziarie ? Come opererà il Governo sulla lotta all’evasione e all’erosione fiscale ? Che impostazione avrà la curva delle aliquote ? La politica reale della fiscalità e dei tributi in Italia non la deciderà il Parlamento. Questo è chiaro, per quanto si richiami a un lavoro più stringente delle Commissioni. La deciderà il Governo.

Ed è su questo punto che noi siamo molto, molto critici. Sarebbe stato più utile, a nostro avviso, identificare almeno tre obiettivi: l’equità, la diminuzione del carico fiscale sul lavoro, sulle famiglie e sulle piccole e medie imprese in maniera chiara e, in generale, una diminuzione della pressione fiscale, che sappiamo essere tra le più alte in Europa e che in questo momento supera il 44 per cento.

Abbiamo perso, l’occasione, che noi proponevamo in una nostra apposita proposta di legge, per avere dei provvedimenti seri e incisivi sulla vita delle famiglie, perché in questo momento non solo deleghiamo i provvedimenti, deleghiamo il Governo anche ad uscire dall’interesse di questo provvedimento, dagli addetti di settore, dai tributaristi, dai lettori di quotidiani economici.

Non riusciamo a far in modo che si apra un dibattito vero nell’opinione pubblica. Avremmo potuto farlo, invece, attraverso l’aumento degli assegni dei nuclei familiari, l’incremento delle detrazioni per i redditi da lavoro dipendente, la revisione seria della curva dell’imposta IRPEF. E avremmo anche potuto mettere mano alle detrazioni a vantaggio della stabilizzazione del lavoro, a favore di giovani e disoccupati.

Infine, avremmo potuto fare un serio lavoro anche sulla tax expenditure, tema sul quale rispetto alla giungla delle detrazioni ci richiamano non solo studi approfonditi delle precedenti legislature, ma ci richiama lo stesso Fondo monetario internazionale, proprio perché è necessario che anche in questa tematica non si giochi sulle detrazioni come luogo dove andare a prendere coperture di volta in volta, ma anche in questo caso con una seria politica, una seria politica fiscale anche nei confronti dei vantaggi.

Invece vediamo che non c’è questa volontà, e molto spesso ricadiamo nella dichiarazione generale di voler andare verso una semplificazione normativa, anche per quanto riguarda il fisco e, invece, circa questa semplificazione, non usciamo da una generica dichiarazione di intenti. Quindi, la crescita non c’è in questo provvedimento, e molto spesso vediamo mancare anche l’equità.

Infatti, qualsiasi discorso in questo Paese che abbia al centro l’equità fiscale non può essere fatto, se non si accetta il punto di partenza che in questo Paese esista un’enorme evasione fiscale, che ha creato enormi ricchezze ed enormi patrimoni. Il segno della crisi è che queste ricchezze create attraverso le evasioni, vengano sempre pagate da chi non ha partecipato a questa fiera insulsa dell’accaparramento. Il senso della tassazione delle grandi ricchezze e dei grandi patrimoni, sta anche nel restituire giustizia, oltre che equità.

Io credo che questo provvedimento, non solo non ha l’ambizione di riformare l’intero sistema tributario, ma si limita ad intervenire per correggere alcuni aspetti critici. Non vorremmo che queste criticità diventassero strutturali nel nostro Paese quando, invece, si avrebbe l’opportunità di cambiarle. Il nostro voto, quindi, è molto positivo sul lavoro svolto nella Commissione, positivo sulla neutralità rispetto al provvedimento per come ne esce dalle Aule parlamentari e di assoluta non apertura ad una delega in bianco rispetto al Governo.

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