IL POLO CHIMICO DI SPINETTA MARENGO – Il Documento di Sinistra Ecologia Libertà di Alessandria

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La grave situazione ambientale del polo chimico di Spinetta Marengo, per la dimensione e le caratteristiche dell’area coinvolta – sia all’interno che all’esterno dello stabilimento – il numero dei lavoratori occupati e dei cittadini la comunità spinettese interessata, richiede a tutti i soggetti impegnati nella vicenda e, in primo luogo, ai responsabili della società Solvay, la massima assunzione di responsabilità, una completa trasparenza nei comportamenti e negli atti e una rigorosa e chiara informazione pubblica da parte degli Enti di Controllo.

Responsabilità e Trasparenza

Consapevolezza collettiva, piena collaborazione istituzionale e trasparenza dei comportamenti sono, a nostro giudizio, indispensabili per chiarire e denunciare le responsabilità, garantire la sicurezza dell’area, tutelare la salute di lavoratori e cittadini, programmare e realizzare la bonifica e consentire una normale continuità della produzione e del lavoro.

Da questo punto di vista l’elemento che più preoccupa nell’indagine avviata dalla Procura di Alessandria nei confronti dei responsabili di Ausimont, Atofina-Arkema e Solvay – verso la quale va garantito da tutti un doveroso rispetto – è l’accusa di avere prospettato agli Enti pubblici di Controllo una situazione dell’inquinamento “diversa e meno grave” di quella effettivamente presente, “sottacendo una parte dei dati”.

Infatti, se la conoscenza dei dati dell’inquinamento da cromo totale e cromo esavalente nell’acqua di falda in aree contigue, ma esterne al polo chimico sono, come noto, della fine di maggio e i primi di giugno 2008, la presentazione da parte di Solvay del piano di caratterizzazione, previsto dalla vigente legislazione e indispensabile per avviare la bonifica dell’area interna, risale a maggio del 2003. Periodo nel quale, su indirizzo della Regione Piemonte, è stata istituita e ha iniziato ad operare la Conferenza dei servizi con competenza in capo al Comune di Alessandria e la partecipazione dei tecnici di Solvay, Comune, Provincia, ARPA e ASL. Con l’obiettivo di realizzare la bonifica interna e impedire l’inquinamento dell’aria, delle falde e del suolo esterne allo stabilimento.

Se sul punto indicato il rilievo della magistratura si dimostrerà fondato risulterà falsato anche una parte del lavoro di questi anni della Conferenza dei servizi e spiegate le resistenze e i rinvii dell’azienda a realizzare interventi più incisivi, come richiesto dagli Enti locali, per contenere le fuoriuscite di acqua inquinata al di fuori dell’area del polo chimico.

Le condizioni per il rilascio dell’AIA

A sostegno del rilievo della magistratura vi è la recente presa di posizione della Provincia che valuta i dati forniti dall’azienda dal 2003 al 2008, per quanto riguarda la bonifica dell’area, rappresentativi di un quadro ambientale “di gran lunga meno complesso di quello…riscontrato con gli accertamenti aggiuntivi…degli Enti di controllo”.

Questo fatto della veridicità dei dati che la Solvay è tenuta dalla legge a fornire agli Enti di controllo va chiarito con assoluta nettezza. Anche perché, se non risolto, rischia di pregiudicare l’esito dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) che la Società sta discutendo con la Direzione ambiente della Provincia. Procedimento complesso che prevede il rilascio di una unica autorizzazione che concerne tutti gli aspetti ambientali dell’azienda e al quale sono interessati, anche il Comune di Alessandria, l’ARPA e l’ASL. Autorizzazione che può essere rilasciata solo se gli Enti di controllo, a partire dalla Provincia, hanno la certezza della veridicità dei dati forniti dalla Società.

Tutela falda acqua profonda

I quasi diciotto ettari occupati dagli impianti del polo chimico sono situati, poi, al di sopra di una delle più importanti riserve d’acqua potabile della provincia e il vicino campo pozzi di Molinetto rappresenta uno dei fondamentali nodi della rete degli acquedotti dell’alessandrino. Scongiurare l’inquinamento irreversibile della falda profonda evitando che gli oltre 500 mila metri cubi di sostanze inquinanti presenti sul terreno la raggiungano attraverso la falda superficiale, rappresenta oggi la prima delle priorità. Da qui la necessità di una dettagliata conoscenza idrogeologica del sub strato l’area dello stabilimento e l’effettiva o meno separazione tra la falda superficiale e quella profonda. Il fatto che la separazione tra le due falde, in alcune zone dell’area, non sia garantita e contaminanti siano stati riscontrati nei pozzi profondi dell’azienda, rappresenta un elemento di forte allarme sociale e di preoccupazione per la qualità di questo importante acquifero profondo.

Se la chiusura del pozzo interno all’area dello stabilimento – che alimentava l’acquedotto del polo chimico e che sino alla primavera del 2008 veniva utilizzato a scopo alimentare dai dipendenti e da alcune famiglie del sobborgo – ha seguito negli anni la stessa sorte di numerosi altri pozzi presenti nell’abitato di Spinetta Marengo, occorre adesso che i controlli di AMAG e ASL sui pozzi presenti nella zona e che alimentano la rete dell’acquedotto siano intensificati e dell’esito dei risultati si informi in modo pubblico i cittadini. Nel contempo è responsabilità dell’azienda impedire che la contaminazione delle acque interne continui ad uscire oltre i suoi confini e venga fortemente potenziata l’attuale barriera idraulica che capta e tratta le acque contaminate, impedendo che fuoriescano in direzione dell’alveo della Bormida. Soluzione che, allo stato, si presenta come tra quelle possibili viste le difficoltà a ipotizzare una separazione fisica dell’area, sia per le sue dimensioni che, in particolare, per la condizione geologica del substrato che la renderebbe di difficile realizzazione. Anche la bonifica del terreno interno, ricoperto nei decenni da uno strato profondo 10-15 metri di sostanze inquinanti (metalli pesanti, clorurati, DDT, etc.), attraverso l’asportazione del materiale, sembra possibile solo per una superficie ridotta. Quella rimasta libera dalla costruzione dei nuovi impianti, come l’Algoflon, che sono stati realizzati sopra il suolo inquinato. Lo studio delle modalità con le quali realizzare la bonifica dello stabilimento deve essere, comunque, affidata ad un Centro di Eccellenza caratterizzato da autorevolezza ed autonomia.

Controllo qualità dell’aria e rischio incidente

La riscontrata contaminazione delle falde con cromo esavalente e altri composti, dovuta al dilavamento delle sostanze tossiche di precedenti lavorazioni stoccate, per anni, nei terreni del polo chimico, non deve portare a trascurare i rischi presenti e dovuti sia all’inquinamento dell’aria che a causa di un possibile incidente rilevante.

Sul tema della qualità dell’aria della zona della Fraschetta era, soprattutto, basato il progetto europeo Linfa del Comune di Alessandria, avviato nel 2004, e al quale ha collaborato, in particolare, la facoltà di Scienze dell’Università del Piemonte Orientale. I risultati degli studi riguardanti la zona del polo chimico dovrebbero essere portati a conoscenza e approfondito il modello elaborato di ricaduta degli inquinanti. Questo perché ad oggi manca una informazione puntuale sullo stato delle effettive emissioni dello stabilimento. Sia per i composti fluorurati, tra cui il PFIB, l’acido cloridrico e quello fluoridrico, che per l’accertata presenza di perfluorati come l’acido PFOA. E diventa necessario potenziare con il posizionamento di nuove centraline fisse il controllo della qualità dell’aria per l’abitato di Spinetta. Controlli le cui risultanze, come per la qualità dell’acqua, devono essere portate alla conoscenza, in forme trasparenti e comprensibili, della popolazione.

Come è noto il polo chimico di Spinetta è soggetto per legge alle procedure previste di informazione sui rischi di incidente rilevante per cittadini e lavoratori. Anche su questo aspetto l’allarme sociale seguito alle notizie legate all’inquinamento e alle iniziative della Procura della Repubblica deve indurre i soggetti responsabile, in primo luogo il Prefetto, a verificare che l’azienda rispetti rigorosamente tutti gli impegni e, soprattutto, ponga in essere la massima cura nella manutenzione preventiva degli impianti, non lesinando in investimenti e risorse. Ed evitando rischiose fermate degli impianti che ne possono compromettere la sicurezza.

Difesa salute e occupazione lavoratori. Ruolo del sindacato

La Procura della Repubblica ha opportunamente deciso di avviare una indagine epidemiologica per verificare la possibile incidenza dell’inquinamento sulla malattia e i decessi di lavoratori e abitanti la zona. La collaborazione dell’ASL, dei medici di base e ospedalieri risulta, a questo fine, indispensabile. La tutela della salute, all’interno dei luoghi di lavoro e sul territorio, richiama anche un fondamentale e, per la nostra provincia ricco di importanti esperienze, impegno del Sindacato dei lavoratori. A questo proposito con un accordo sindacale, all’inizio degli anni ’70, nello stabilimento chimico di Spinetta vennero istituiti i Libretti individuali e di rischio per i lavoratori e fu affidato un incarico di indagine sulle condizioni della salute alla Clinica universitaria di Pavia.

Oggi, per tutelare, in primo luogo, la salute dei lavoratori che operano a contatto con sostanze pericolose e in un ambiente a rischio di incidente, è indispensabile la ripresa di una iniziativa autonoma del sindacato di fabbrica. Questo, coadiuvato dalla Categoria e dalle Confederazioni sindacali provinciali, deve essere in grado di interloquire e collaborare con gli Enti Locali e di Controllo sulle modalità della bonifica e contrattare con la società, tenendoli uniti, i temi della salute, della sicurezza e del lavoro. La continuità produttiva del complesso chimico che deve essere garantito è, infatti, strettamente collegata alla messa in sicurezza dello stabilimento e alla realizzazione della bonifica interna ed esterna, alla quale Solvay deve impegnarsi con responsabilità e rispetto degli impegni assunti. Evitando ogni forma di ricatto sul lavoro e l’occupazione.

Questo anche per una dovuta attenzione nei confronti di tutta la comunità di Spinetta Marengo che sta vivendo la vicenda con comprensibile preoccupazione.

Danno ambientale e Bonifica nazionale

Per quanto riguarda l’area esterna alla Solvay, sino a quando permarrà la contaminazione nella falda superficiale e nel terreno, dove è stato riscontrata una elevata presenza nella prima falda di solventi clorurati e metalli pesanti, occorre siano regolate modalità e tipologie delle culture per l’alimentazione di persone e animali, e stabilite dagli Enti di controllo le forme per consentire, in sicurezza con la salute umana, l’allevamenti degli animali.

La provincia di Alessandria ha, in Piemonte, il poco invidiabile primato di dover fare i conti con ben tre bonifiche riconosciute come nazionali: l’Eternit di Casale Monferrato, l’Ecolibarna di Serravalle Scrivia e l’Acna di Cengio Quest’ultima dovuta al trasporto dei contaminanti nella Bormida sino ad Alessandria. Per dimensione e complessità la bonifica della Solvay ha tutte le caratteristiche per essere riconosciuta come tale dal Ministero dell’Ambiente. Per una maggiore e più generale tutela ambientale del territorio interessato dall’inquinamento interno ed esterno allo stabilimento è quindi necessario che gli Enti locali, a partire dal Comune di Alessandria, denuncino al Governo il “danno ambientale” subito affinché sia riconosciuta la qualifica di nazionale della bonifica il polo chimico di Spinetta. Come del resto è già avvenuto nel corso del 2008 per l’area inquinata di Bussi nell’Abruzzo, sempre di proprietà della Montedison.

Come già accennato, in presenza di una continuità produttiva e di una responsabilità certa l’impedimento all’estendersi dell’inquinamento oltre il perimetro dell’azienda deve essere evitato dalla medesima proprietà, anche seguendo le indicazioni degli Enti di controllo. Nel caso captando le acque contaminate con un numero maggiore di pozzi e riducendo le emissioni ai camini.

Per questo non convince l’ipotizzato progetto della società AMAG, sostenuto dal Comune di Alessandria, di una depurazione esterna che ingloberebbe anche il contenuto del rio Lovassino e comporterebbe un rilevante costo a carico del pubblico. Mettendo in discussione il principio presente nel nostro ordinamento secondo il quale “chi inquina paga”.

Per quanto riguarda la bonifica del Lovassino, anche alla luce del finanziamento accordato per la completa ristrutturazione del depuratore di Novi Ligure posto a valle dell’Ilva che influenzerà positivamente le acque del rio Gazzo, è necessario che l’AMAG riprenda la realizzazione del condotto fognario dell’abitato di Spinetta e lo colleghi, come previsto, a quello del capoluogo. Realizzazione inopinatamente sospesa, che doveva già essere da tempo ultimata e che potrà finalmente liberare il Lovassino dalla poco nobile funzione di collettore fognario della Fraschetta e corso d’acqua più inquinato della provincia.

Coordinamento Provinciale Sinistra Ecologia e Libertà

sinistraeliberta.al@gmail.com

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