Giovani sempre più precari, mentre sull’IVA non si sceglie

10 years ago by in Articoli, Economia Tagged: , ,

Il decreto-legge su Lavoro giovanile e IVA si inserisce ormai nella troppo lunga serie di provvedimenti caratterizzati da titoli di forte impatto mediatico e densi di materie eterogenee fra loro.

Di questo provvedimento non condividiamo la filosofia ispiratrice, che punta ad aumentare l’occupazione attraverso incentivi alle imprese e maggiore flessibilità, anziché politiche attive sul lavoro. Sono inaccettabili le forzature sui contratti di apprendistato, utilizzati per ridurre il costo del lavoro e fronteggiare carenze di organico. Si tratta ancora una volta di interventi parziali perchè non è con gli incentivi che si crea lavoro, ma con le politiche e da troppo tempo manca una politica industriale al nostro Paese.

Gli aspetti negativi superano di gran lunga quelli positivi e siamo di fronte a misure di ulteriore precarizzazione dei contratti flessibili e atipici, e con i primi tentativi di rendere il contratto di apprendistato come nuova forma di sfruttamento vero e proprio dei lavoratori, ciò in un Paese in cui, come testimoniano i dati, è precario il 52 per cento dei giovani sotto i 25 anni, il doppio rispetto a una decina di anni fa. Sostenere che si vuole proseguire un cammino intrapreso significa non rendersi conto di non aver mai avviato nessun percorso, ad esempio restano da sciogliere nodi importanti come il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, la questione degli esodati e la questione del blocco dell’aumento dell’IVA,  nel settore socio-sanitario. Si tratta di vere e proprie emergenze sociali, che però appaiono totalmente aliene dal dibattito parlamentare.

Sul fronte fiscale, il punto principale risiede in tre parole quelle che spostano al 1° ottobre l’aumento dell’aliquota dell’IVA. Si tratta ancora una  volta di una misura che evidenzia la mancanza di una politica che non segue una logica di previsione, o la segue a breve o a brevissimo termine, che dimostra la mancanza di una programmazione, perchè ancora una volta non sterilizza il pericolo dell’aumento, ma semplicemente lo procrastina.

Sul tema ancora una volta, come negli ultimi anni, e da parte dei precedenti Governi, si rimandano le scelte, facendo permanere sul tema uno stato di perenne emergenzialità e ci si affida, in questo caso, ad anticipi degli acconti su altre tassazioni di lavoro e impresa come IRPEF, IRAP e IRES. La logica è quella di una ricerca di immediata liquidità perseguendo quindi un risultato che non potrà essere ripetuto.

Consideriamo approssimativa e poco sensata la tassazione delle cosiddette sigarette elettroniche. Si tratta di un innalzamento inaccettabile della tassazione di un prodotto di cui manca qualsiasi altra normativa in merito e che invece si sta caratterizzando come in crescita sia nella diffusione che nella produzione nazionale di alcuni prodotti legati a questo mercato. Molto meglio sarebbe stato ricercare risorse da un’altra dipendenza, la cui gravità è chiara e conclamata come il settore dei giochi e delle scommesse, anziché in un settore che, per quanto non certificato nei suoi risvolti sanitari, riduce un’altra dipendenza come quella dal tabacco e le sue conseguenze.

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